Cari lettori di Numismatica Ranieri nell'articolo odierno andremo a parlarvi degli annali 1866, offrendovi la narrazione storica dei fatti accaduti durante quel periodo storico, proseguendo la nostra analisi iniziata con il precedente post dedicato agli annali della zecca 1861.
Gli annali della zecca 1866
La crisi governativa del 31 dicembre 1865 , provocata dalla proposta del ministro Sella di introdurre l'iniqua tassa sul macinato, indusse il Re a sciogliere il Parlamento il giorno 3 febbraio 1866. E poiché si ventilava già la 3" guerra d'indipendenza per la liberazione del Veneto, a presiedere il nuovo governo fu designato il Comandante dell'Arma dei Bersaglieri, il generale Alfonso La Marmora.
Sembrerà strano, ma il punto più difficile per la formazione del governo fu quello di trovare un ministro delle Finanze perché — precisò il Massari — «vi sono momenti nei quali le più sfrenate ambizioni si ritraggono dinanzi alla mole di una grande responsabilità».
All'alto e delicato incarico fu designato un eminente economista e giurista: Antonio Scialoja, il cui nome sarà legato agli eventi di politica monetaria che porteranno alla dichiarazione del corso forzoso della cartamoneta.
Per il riassetto delle finanze in un momento in cui il Tesoro doveva reperire sufficiente denaro per I'imminente conflitto, la questione non era del tutto risolvibile senza eccezionali provvedimenti legislativi. Ma quando il vento di guerra si manifestò in tutta la sua gravità per l'affluenza di truppe austriache lungo il Po, il Parlamento votò la Legge n. 2872 del 10 maggio 1866, con la quale il Governo fu autorizzato «ad ordinare le spese necessarie alla difesa del Paese ed a provvedere con mezzi straordinari ai bisogni del Tesoro» anche perché non sarebbe stato possibile gestire un'economia di guerra con la sola circolazione monetaria su sistema prevalentemente metallico e, perdippiù, con le limitazioni imposte dalla Lega Monetaria Latina sulla coniazione delle monete divisionarie. Il governo intervenne di conseguenza, adottando il R. D. n. 2873 di pari data, per la concessione di un mutuo al Tesoro di L.250.000.000 da parte della Banca Nazionale negli Stati Sardi (ridenominata «nel regno d'Italia» dall'art. I del citato decreto), importo necessario alla difesa del Paese, ma che poteva essere utilizzato (e non tutti ne erano a conoscenza) quale prima rata da corrispondere all’ Austria nel caso in cui si fossero realizzati i negoziati segreti per la concessione pacifica del Veneto all'Italia, dietro corresponsione di un miliardo di lire.
Tale simbiosi d'emittenza (B.N.S.S. e B.N.R.I) perdurerà sino al 16 luglio 1873 con analoghe matrici uniface di tipo sardo che in contrasto con il citato disposto dell'art. 2 del decreto n. 2873, continuano a portare la scritta «Sarà pagato in contante a vista, al portatore», ma non certo in moneta metallica.
Sulla emittenza del taglio di L. 10 richiamato nell'art. 1 del più volte citato decreto n. 2873, fu emanato il R.D. n. 3914 del 17 maggio per remissione di sei milioni di esemplari, il cui contingente sarà autorizzato da tre successivi decreti ministeriali: al D.M. n. 2919 del 19 maggio per n. 2 milioni di esemplari. si aggiunse il D.M. n. 2984 del 22 giugno per altri 2 milioni di pezzi. nonché il D.M. n. 3120 del 31 luglio per ulteriori 2 milioni, seguito dal D.M. n. 3265 del 5 ottobre che estenderà l'emissione di altri 2 milioni di esemplari. portando quindi l'emittenza a 14 milioni di esemplari. In quanto alle caratteristiche, provvide il D.M. n. 2961 del 19 maggio 1866 nel testo seguente: (Art. 2) «...stampato con inchiostro turchino, in carta filigranata con dieci corone reali disposte in due linee orizzontali di 5 corone ciascuna: porteranno nell 'estremità superiore e nel mezzo I 'effigie del Re identica a quella impressa sulle marche da bollo da lire una».Ma quando ci si poté accorgere che il biglietto uniface era stato facilmente falsificato, si ricorse al R.D.n. 3428 del 18 dicembre 1866 il quale dispose che «i biglietti da lire sinora emessi dallaBanca Nazionale suddetta con la forma determinata al Ministeriale datato del 19 maggio 1866. saranno ritirati e man mano sostituiti dai nuovi biglietti da lire 10. i cui segni caratteristici sono determinati nel presente decreto» (effigi di Cavour e diColombo) e stampati a New York dalla «Compagnia Americana per Biglietti di Banca».
In quanto alle emissioni del tipo «provvisorio», sarà stampato su carta uniface senza datazione, mentre la nuova tipologia, stampata negli Stati Uniti, sarà datata ad iniziare dalla Creazione del 16 maggio 1866.
Per tale bisogna il decreto, che gli economisti definirono «del corso forzoso del la cartamoneta». Le banconote che dovevano emettersi da detto Istituto per il finanziamento al Tesoro, si trasformarono
in cartamoneta a corso forzoso, cioè non convertibile in moneta metallica ai sensi dell'art. 2 del citato decreto n. 2873 che recitava nel seguente testo:«Dal giorno 2 maggio, e sino a nuova disposizione, la Banca Nazionale suddetta è sciolta dall'obbligo del pagamento in denaro contante ed a vista de' suoi biglietti». Conseguentemente la Banca Nazionale fu autorizzata a disporre la creazione di biglietti per 250 milioni di lire, il cui contingente fu determinato dapprima dal D.M. n. 2961 del 2 giugno 1866, poi modificato dal D.M. n. 2984 del 22 giugno ed infine rideterminato dal D.M. n. 3120 del 31 luglio 1866 nei seguenti importi:
- per L. 60 milioni in biglietti da L. 10;
- per L. 40 milioni in biglietti da L. 20;
- per L. 20 milioni in biglietti da L. 50;
- per L 40 milioni in biglietti da L. 100;
- per L. 90 milioni in tagli da L. 250, 500 e 1.000.
Di conseguenza, oltre al taglio di L.10 da parte della B.N.R.I., la B.N.S.S. con Creazione del 1 maggio, emise tagli di L. 20, 50, 100, 250 e 1000, cui seguì. con Creazione del 16 maggio un'altra emissione costituita da tagli di L. 20, 50, 250, 500 e 1.000, mentre per il taglio di L. 100 sarà provveduto con Creazione del 19 successivo. Sempre con Creazione del 16 maggio, la produzione sarà intensificata dalla B .N .R .l . (di nuova denominazione) che emise per la prima volta propri biglietti (di tipo sardo) da L. 1000. L'entità non è nota, ma dovette superare i cento milioni di lire, come si evince dalle risultanze di fine annata.
Nelle more che si predisponessero i biglietti di L. 10 il governo ricorse ad un espediente (successivamente dimostratosi pregiudizievole), con il quale fu autorizzata la circolazione di marche da bollo per cambiali con una speciale soprastampa; fu così emanato il R.D. n. 2970 del 13 giugno, per il quale la Banca Nazionale poteva cambiare «i suoi biglietti superiori a L. 50 con marche da bollo per le cambiali da L. 15, da L. IO, da L. 5» aventi (art. 3) «lo stesso corso obbligatorio» della monetazione in corso. La circolazione delle marche fu fissata (art. 5) sino al 30 settembre dello stesso anno, termine rinviato sino al 30 settembre, procrastinato al 10 gennaio 1867 (art. 2 del R.D. n. 3231 del 22 settembre 1866). Il 15 giugno 1866 due altri decreti in proposito determinarono: il primo (D.M.n. 2971) il limite del cambio «ad una sola volta» e sino a L. 1.000; il secondo (D .M. n. 2972) fissò forma ed uso delle marche: «Le marche da bollo da L. 15, L. 10, L. 5 messe in circolazione dalla Banca Nazionale per supplire temporaneamente i suoi biglietti, avranno un tratto nero sulle parole «da bollo» impresse sul margine inferiore.
Questo tratto nero le distinguerà da quelle che continueranno ad essere adoperate per le cambiali secondo le Leggi vigenti...»
Si inserì poi la questione della crisi economica europea che aveva fatto ripiombare nel nostro paese un forte panico, tale da indurre i risparmiatori a ritirare i loro depositi di denaro dalle banche per investirli in oro. Neppure l'intervento delle zecche di introdurre nella circolazione ben 25 milioni di spezzati d'argento costituenti l'ultima tranche di monete divisionarie datate 1863, oltre a 10 milioni di monete di cent. 50(Zecche di Milano e Napoli), era riuscito a frenare l'esodo del risparmio, provocando gravi disagi per la tesaurizzazione degli spezzati d'argento, così costituiti:
Datazione 1863
- Zecca di Torino: (presumibile) serie valore: cent. 50. Serie valore: cent. 20.
- Zecca di Milano: (presumibile) serie valore: L. l.
- Zecca di Napoli: (presumibile) serie valore: L. 2. Serie valore: cent. 50.
Datazione 1866
- Zecca di Torino: n. 196.401 marenghi d'oro.
- Zecca di Milano: n. 19.199.457 monete d'argento «valore» di cent. 50.
- Zecca di Napoli: n. 464.797 scudi d'argento, oltre a n. 5.555 esemplari datati 1865 che come glà precisato secondo il Carboneri costituiscono l' integrazione ai dati ufficiali di coniazione d' annata.
Esplose, quindi, il fenomeno dei Biglietti fiduciari che erano accettati dalla popolazione «su fiducia» nei confronti degli emittenti privati. I biglietti ebbero larga diffusione e furono emessi da Banche Popolari (istituite nel 1864), Monti di Pietà, Casse di Risparmio, Camere di Commercio, Pubbliche amministrazioni e Società Operaie, circolarono in tagli da cent. 5 a L. 3; si unirono ditte e società private (che emisero anche dei gettoni metallici) compromettendo la serietà dell'emittenza autorizzata, tanto che il Consiglio di Stato, con sentenza del 25 giugno 1866 dichiarò l'avversione alle emissioni privatisticheperché sfuggivano a qualsiasi controllo, sostituendosi allo Stato.
Contrariamente a quanto si è sostenuto, queste emissioni - precisa il De Mattia - «non autorizzate, né riconosciute in alcun modo dalle autorità pubbliche, differivano sensibilmente le une dalle altre, non solo per la diversa indole degli enti da cui erano rilasciate, ma anche per le garanzie da cui erano assistite , per i tagli adottati , che da dieci centesimi giungevano alle 5 lire e talora le superavano; per il modo più o meno rozzo della fabbricazione e la dignità delle forme esteriori; esse avevano corso privato locale, limitato, anzi, il più delle volte, alla provincia o al comune in cui risiedeva l'emittente» e cioè nell'Italia settentrionale e centrale (ad eccezione dei Comuni di Palermo e di Trapani), in quanto nelle provincie meridionali erano state immesse grandi quantità di fedi di credito, polizze e polizzini dai due banchi del sud, il Banco di Napoli e Banco di Sicilia, a norma dell'art. 7 del decreto n. 2873, il quale prevedeva che «le fedi di credito e le polizze dei Banchi di Napoli e di Sicilia saranno date e ricevute come denaro contante per il loro valore nominale nei pagamenti effettuabili nelle province napoletane e siciliane» pur con le limitazioni che saranno previste dall'art. 2 del R.D. n. 2874 del 2 maggio 1866, per il quale «la Banca non potrà portare al cambio in uno stesso giorno fedi di credito, il cui valore ecceda la dodicesima parte del valore dei biglietti di banca, rappresentanti la massa metallica».
Dopo lo status di guerra (20 giugno) si assisterà ad una imponente emissione di tale carta apossidaria com'erano definite tali emissioni, basate sul sistema della «ricevuta» (apoxa) che, nel 1866, raggiunse emittenze per 88 milioni di lire da parte del Banco di Napoli e per 31.562.000 del Banco di Sicilia.
È anche da segnalare un'emissione di buoni agrari di L. 50 da parte della Cassa di Risparmio di Bologna in data 16 giugno 1866 (un raro esemplare è apparso nell 'asta di Senigallia del gennaio 1991, n. 453) in esecuzione della Legge n. 2983 del 14 giugno 1 866 che istituì la sezione del «credito fondiario» in favore della suddetta Cassa, del Monte dei Paschi di Siena ed altri istituti. Per eliminare dalla circolazione i biglietti fiduciari nei tagli di 10 centesimi, che era il più diffuso, intervennero varie Zecche con l'emissione di monete di bronzo da 10 centesimi (i noti 'palanconi') in base al R.D. 2968 del 14 giugno 1866, che autorizzò un ' emissione per sedici milioni di lire, integrata di ulteriori quattro milioni dal R.D. n. 3096 del 18 luglio: ciò malgrado un'esplicita relazione da parte del direttore del Tesoro al ministro Scialoja del 30 aprile avesse tenuto a precisare che «i 15 milioni di monete di bronzo eccedevano allora i bisogni di questa specie metallica», già coniate coi millesimi 1862 e 1863. Si dovette ricorrere ancora a zecche estere.
Conseguentemente, i palanconi coniati con datazione 1866, per l'ammontare di 20 milioni di lire, sono così distinti (prospetto 2):
- Torino x n. 1.635.000 (sigla T).
- Milano x n. 3.600.000 (sigla M).
- Napoli x n. 6.765.000 (sigla N).
- Strasburgo x n. 2.000.000 (sigla OM e OM).
- Birmingham x n. 4.000.000 (sigla BI in nesso).
- Parigi e Bruxelles x n. 2.000.000 (senza sigla).
Si conoscono pochissimi esemplari, probabilmente perché demonetizzati fra i 13.089.903 pezzi ritirati nel 1883 per provvedere al riconio di monete di cent.2 e 1.
Banca Nazionale Toscana. Per l'emittenza di nuovi biglietti furono attuati i seguenti decreti: R.D. n. 2909 del 17 maggio 1866 di presa d'atto del processo verbale con il quale era stata immobilizzata una massa metallica superiore ai due terzi di quella che corrispondeva al valore della terza parte della circolazione dell'istituto per cui, in applicazione del disposto di cui al D.M. n. 2877 del 6 maggio scorso, fu sancito che «i biglietti della B.N.T. saranno dati e ricevuti come denaro contante per il loro valore ( ... ) nonostante qualunque contraria disposizione di legge o patto convenzionale» (il che faceva decadere la convenzione interbancaria per la quale i biglietti delle banche toscane presentate fuori del territorio dovevano pagare l'aggio del 10%, che rimase in vigore per la Banca Toscana di Credito.
Il R.D. n. 2920 del 19 maggio 1866 autorizzò l’ integrazione delle precedenti emissioni (tagli di L. 1 .000, 500, 200 e 100) con le nuove specie di L. 50 e 20, con le caratteristiche di cui al D.M. n. 2964 del 7 giugno, per il quale il taglio di L. 100 era del tutto simile a quello in corso (cambia solo la data); il taglio di L. 50 da stamparsi su carta rossa con filigrana analoga a quello in corso; il taglio di L. 20 su carta verde, come sopra: tutti con datazione 19 maggio 1860, nei seguenti quantitativi: L. 20 x 100.000 esemplari, L. 50 x 30.000 esemplari, L.100 per 15.000 esemplari (per complessive L. 5.000.000 e previo ritiro di biglietti da L. 1.000).
Si pervenne al R.D. n. 3063 del 4 luglio che conferì alla B .N. T. la facoltà di aumentare la sostituzione di biglietti da L. 20, 50 e 100 ai biglietti da L. 1.000 già autorizzata per 5 milioni di lire dal R.D. n. 2920 sopracitato di altri 5 milioni per provvedere alle emissioni di nuovi biglietti di L. 20, 50 e 100.
Di conseguenza il D.M. n. 3084 del 17 luglio determinò i quantitativi da emettersi, come segue: L. 20 x n. 50.000 esemplari, L. 50 xn. 30.0000, L. 100 x n. 25.000, cioè per complessive L. 5.000.000.
Tutto il contingente fu emesso per 10.000.000 di lire, previo ritiro di biglietti da L. 1.000 per altrettanto importo, ma sino al 1869 i tagli di L. 20 e 50 furono tenuti in giacenza nelle casse della banca, finché, in ordine alla Deliberazione del Consiglio di Amministrazione del 28 agosto 1869 e del R. D. del 9 settembre 1869 (per la rinnovazione dell'emissione del 1859 in valuta toscana), furono ritirati n. 100.500 esemplari di L. 20 en. 41.000 di L. 50; ulteriori ritiri operati nel 1871 e 1872, ridurranno le emissioni a n. 3.593 esemplari di L. 20 ed a n. 1.505 di L. 50: ciò dimostra il grado di rarità dei suddetti biglietti.
Banca Toscana di Credito.
Il R.D.n. 2988 del 20 giugno autorizzò l'emissione di buoni di cassa di L. 20 e 500 nell'ammontare «da non eccedere rispettivamente i 100.000 ed i 6.000 esemplari, da realizzare dopo aver scemato n. 1.000 biglietti da L. 5.000». La serie fu completata con i biglietti di L. 50, 100, 200 e 1.000 datati 2 gennaio 1864.
Sui contingenti basti osservare le risultanze di cassa riferite al 30 aprile 1866 (precedente il corso forzoso) ed al 31 dicembre 1866:
- L. 20n.—e n. 90.750
- L. 50n. 196e n. 9.700
- L. 100 n. 737 e n. 24.700
- L. 200n. 665e n. 3.550
- L. 500n. —— (prima emissione nel 1868)
- L. 1.000 n. 170e n. 210.
La terza guerra d'Indipendenza
Il 20 giugno scoppiò la terza guerra d'indipendenza: La Marmora lasciò la Presidenza del Consiglio per raggiungere il fronte mentre il Re assunse il comando dell 'esercito, nominando suo Luogotenente il cugino Principe Eugenio. Il piano originario prevedeva che Garibaldi, con 30.000 uomini sbarcati in Dalmazia dall'ammiraglio Persano, aprisse nei Balcani un terzo fronte contro l'Austria; la Marmora si oppose. A Garibaldi furono affidati 10.000 uomini ed una sola nave da guerra. Stabilito il suo quartiere generale a Salò, il 3 luglio lanciò un attacco dal monte Suello, ma subì una sconfitta e rimase ferito aduna gamba: finalmente a Bezzecca, il 21 luglio, combatté la più dura battaglia della campagna e vinse.
Con Legge n. 308 del 21 luglio 1866 si diede esecuzione alla Convenzione Monetaria Latina di cui all'accordo del 23 dicembre dell'anno precedente, che aveva fissato il limite massimo di emissione di monete d'argento (titolo 835%) nella misura di sei lire per abitante, mentre il limite di accettazione di monete metalliche d'argento fra privati non doveva superare le cinquanta lire (invece lo Stato era obbligato ad accettarle senza limite).
Gli effetti della Convenzione e del corso forzoso determinarono il blocco delle coniazioni d'argento, anche se la Zecca di Napoli aveva completato proprio nel 1866 il contingente dei tagli di L. 2 datati 1863. Sicché la B.N.R.I., con la «Creazione del 25 luglio 1866» disposta dal Consiglio di Amministrazione, dispose un'emittenza del taglio cartaceo di L. 2, che sarà autorizzata dal R.D. n. 3649 del 21 aprile 1867, con le caratteristiche del D.M. n. 3654 del 26 aprile successivo, nell'importo di L. 50 milioni (D.M. n. 3902 del 22 agosto 1867) e circolerà ad iniziare dal 1867.
Sempre in data 25 luglio 1867 la B.N.R.I. emise tagli di cartamoneta di L. 25 e 40, mentre con denominazione della B. N. S. S. furono emessi tagli di L. 20 e 50.
Per quanto concerne l'emissione del taglio di L. 20.si ricorda che il R.D. n. 3094 del 18 luglio aveva concesso alla B. N S. S. d'aumentare il quantitativo «anche oltre il limite di 8 milioni di lire» (art. 1), stabilendo che la «categoria di biglietti da L. 1 .000 sarà scemata di un numero proporzionale di biglietti in sostituzione di quelli da L. 20 , che saranno emessi» (art. 2). In pratica si vollero ridurre i tagli da L. 1.000 perché meno richiesti e già emessi in forza del R. D. n. 3622 del 1 ottobre 1859, in epoca preunitaria.
Malgrado alcune delusioni militari a Custoza e nel mare di Lissa, alcuni territori del Veneto furonoliberati e vi fu subito estesa la circolazionemonetaria italiana d'oro e d'argento anche se si lasciò temporaneamente il corso alla valuta austriaca (R. D. N. 3072 del 21 luglio); per il corso dei biglietti della Banca Nazionale fu invece provveduto successivamente col R. D. n. 3110 del 1 agosto 1866.
L' incalzare della guerra e la necessità di poter disporre di sufficiente denaro indusse il governo ad emanare il R. D. n. 3108 del 28 luglio per la raccolta di 350 milioni di lire mediante un altro prestito nazionale, le cui norme furono dettate dal R.D. n. 3201 del 19 settembre ed il relativo importo aumentato a L. 353.232.000 dal R. D. n. 3721 del 18 maggio 1867. Il prestito ventennale, lanciato al 5% di interessi, portò al Tesoro un netto di L. 311 milioni.
Conseguentemente. in esecuzione del R.D. n. il R. D. n. 3159 del 15 agosto sulla «assegnazione di 2.500 per corrispondere alla Banca Nazionale l'interesse sui 250 milioni dati a mutuo al Tesoriere dello Stato e per far fronte alle spese occorrenti per il prestito nazionale». Fra i provvedimenti in materia: il R. D. n. 3216 del 19 settembre per «premio accordato ai Comuni o Consorzi e alle Province che assumessero o facessero assumere il pagamento delle quote del prestito nazionale loro assegnate»; il R.D. n. 3218 del 22 settembre conferì l'interesse del 7% in favore degli enti suddetti per la casuale di cui sopra; il R.D. n. 3235 del 29settembre di proroga ai suddetti Enti al n. 3230 del 19 settembre dispose l'iscrizione del prestito nazionale sul debito pubblico.
Il 23 agosto la Prussia firmava a Praga il suo trattato di pace e l'indomani l'Austria consegnò il Veneto alla Prussia; la popolazione del Veneto fu lasciata libera di decidere del suo destino ed essa deliberò plebiscitariamente di unirsi al Regno d'Italia; conseguentemente dal punto di vista monetario - alle cinque banche di emissione esistenti se ne unì una sesta, cioè lo Stabilimento Mercantile Veneto, che era stato creato dall'Austria, finendo incorporato nella Banca Nazionale, che vi costituì un'agenzia (R.D. n. 5250 del 10 ottobre 1866). Si unì anche la Zecca di Venezia, che fu utilizzata come istituto di affinazione monetaria.
Per la necessità di ritirare dalla circolazione le marche usate quale monetazione succedanea e di contrarre le emissioni degli scudi d' argento, fu emanato il R.D. n. 3183 del 29 agosto che autorizzò l'emissione di biglietti di L. 5 con la seguente tipologia: «Alla sinistra di chi guarda il biglietto si scorgerà un medaglione ovale portante l'effigie d'Italia con corona turrita». Furono stampati in nero su carta uniface e senza data di decretazione. Seguono le firme del censore, del Reggente e del Cassiere della B. N. R. I. Sotto si legge la comminatoria: «La legge punisce col maximum dei lavori forzati a tempo i fabbricatori di biglietti falsi. quelli che falsificassero i biglietti della banca nazionale, e coloro che introducessero nello stato biglietti falsi o falsificati».
L'emissione fu autorizzata in dieci milioni di esemplari (D.M. n. 3200 del 2 settembre 1866), ma allorché si poté accertare che i biglietti erano stati facilmente falsificati, ne fu disposto il ritiro dal R.D. n. 4730 del 6 dicembre 1866 per sostituzione con una nuova tipologia stampata a New York dalla A. B. N. C. con «Creazione del 30 ottobre 1867» con le caratteristiche del D.M. n. 4543 del 4 settembre 1868.
Per sostituire i biglietti stampati uniface di L. 25 e 40, il R.D. n. 3232 del 22 settembre 1866 autorizzò una nuova tipologia con i segni che saranno indicati dal successivo D. M. n. 3235 n. del 25 dello stesso mese ed anno (anche se il taglio di L. 40 non sarà mai emesso).
Intanto, in campo politico, il 3 ottobre il Manebrea aveva firmato a Vienna il trattato di pace con l'Austria, con cui l'Italia si accollava ben 35 milioni di fiorini, pari a 87,5 milioni di lire d'epoca, come quota del debito, per cui il costo della guerra, calcolato in 357 milioni (ma fu invece di 600 milioni) aggravò ulteriormente il dissesto delle finanze e l'aggio dell'oro sulla carta era giunto al 15%, la rendita discesa al 36%.
Il 10 ottobre 1866 una nuova convenzione che prevedeva l'incorporazione della Banca Nazionale Toscana con la Nazionale nel Regno non ottenne I 'approvazione governativa per il parere del Consiglio di Stato secondo cui, essendo in discussione lo scioglimento della banca toscana, non si rendeva necessaria l'approvazione della convenzione con decreto reale. Fatta la pace, rimane il corso forzoso della cartamoneta che, invece, secondo le previsioni, doveva durare sino alla fine del conflitto (se I’ indebitamento dello Stato non fosse stato troppo consistente): sarà revocato nel 1883, ma ciò servì a conferire alla cartamoneta quel ruolo primario nella circolazione monetaria che ancor oggi è alla base del sistema.
Quale fu l'incidenza della cartacea? A fine d'anno si poté accertare che la sua circolazione, dai circa 128 milioni del precedente anno, era passata a 517.524.000, la apossidaria dai 137 milioni scesa a 120 milioni circa, la fiduciaria dalle 10.000 lire era balzata a 1.311.000; le coniazioni d'oro da 68.705.000 a 3.926.000, quella d'argento dai 45 948.000 scesa a 35.853.000 e la bronzea (che non aveva avuto coniazioni nei due precedenti anni) portata a 20 milioni di lire (palanconi).
Conclusioni
Sperando che questo articolo dedicato dedicato a scoprire gli annali del 1866 sia stato di vostro interesse, restiamo in attesa delle vostre opinioni.
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