Cari lettori di Numismatica Ranieri, l’articolo odierno è dedicato a scoprire interessanti informazioni in merito all'oro della banca d'Italia.
Ripercorreremo l'avventurosa vicenda delle riserve auree nazionali, del loro occultamento, dei trasferimenti all'estero e della restituzione al nostro Paese nel secondo dopoguerra cercando di offrire una ricostruzione storica inerente le riserve d'oro possedute dalla banca d'Italia includendo rilevanti dettagli storici. Per scoprire novità sul mondo numismatico vi consigliamo di seguire il blog ufficiale.
L'oro della Banca d'Italia
Un tesoro italiano e la sua storia
Che cosa è il coraggio? È una disposizione d'animo appannaggio solamente degli eroi giovani e forti, o può essere anche prerogativa di persone del tutto normali, magari impacciate e con gli occhiali, che solitamente vestono di scuro e che lavorano alla scrivania nelle stanze dove i rumori della strada arrivano attutiti, ma che quando sentono sulle proprie spalle gravare la responsabilità delle decisioni, si armano di coraggio ed agiscono da autentici eroi?
Questa vicenda considerata "storia minore" rispetto alla cosiddetta "storia evenemenziale" studiata sui libri di testo, è una testimonianza di eroismo, fra moltissime altre, di semplici individui che trovandosi in situazioni drammatiche hanno saputo dare il meglio di sé resistere alla violenza ed alla prevaricazione, armandosi di coraggio ed adottando, quando non era possibile altro, una linea strategica di resistenza flessibile, pur di combattere per difendere i propri valori. Sono passati 55 anni, dal 1943 al 1998, prima che la vicenda dell'oro della Banca d'Italia, ovvero dell'appropriazione delle riserve auree di via Nazionale da parte dei nazisti, arrivasse a conclusione con il recupero di circa il 66% dell'oro trafugato dai Tedeschi.
Tutto ebbe inizio con la sottrazione dell 'oro avvenuta nelle concitate giornate seguite all'armistizio dell'8 settembre 1943, ed è terminato nel 1998 con la restituzione, da parte del cosiddetto Pool dell'oro o Gold Pot dell'ultima tranche (di circa 764 kg d'oro) riconsegnata all'Italia.
L'oro è l'elemento centrale di questa storia che si dipana, intricata e complessa, dal clima incandescente dell'Italia post-armistizio a quello di una nazione post-industriale ed agiata, ma priva di grandi tensioni sociali e morali: l'Italia degli ultimi anni del XX secolo.
II metallo dorato ha attratto da tempi immemorabili il genere umano ed ha sempre costituito, nell'immaginario individuale e collettivo, uno degli elementi più intrinseci ed appariscenti del potere, il possederlo e il poterlo esibire era e rimane uno status symbol fra i più ricercati di tutti i tempi.
Ma se l'oro è l'elemento centrale di questa storia, sono i valori ed i sentimenti umani che danno spessore all’intreccio; infatti la paura, la scaltrezza, il doppio gioco, ma anche l'altruismo, il sacrificio e il coraggio, sono gli ingredienti che rendono questa vicenda suggestiva, avvincente e degna di essere ricordata.
II saccheggio dell'oro italiano fu parte di una numerosa serie di razzie e di appropriamenti indebiti effettuati dai nazisti nelle nazioni occupate durante la Seconda guerra mondiale, vittime di tali depredazioni furono in particolare modo i cittadini di religione ebraica.
Per quanto riguarda le riserve auree della Banca d'Italia (denominata in seguito Bdl), già prima dello scoppio della guerra, visto l'aggravarsi della situazione internazionale, lo stesso Mussolini aveva avvertito la necessità di spostarle da Roma verso un luogo più sicuro dagli attacchi nemici.
La zona intorno a L'Aquila era il luogo prescelto, in quanto considerata una località maggiormente difendi-bile dagli attacchi aerei. Per questo motivo fu trasformato e riadattato un insieme di padiglioni in cemento armato vicino L'Aquila di 34.000 metri quadrati di superficie coperta utilizzati, a suo tempo, per una conceria militare, poi dalla Snia Viscosa ed infine lasciati in stato di semiabbandono.
L'Officina carte valori de L'Aquila, stabilimento di produzione della Bdl, entrò in funzione nel 1941, ma il trasferimento dell'oro dai caveau di via Nazionale allo stabilimento de L'Aquila non avvenne mai per una serie di motivi: la caduta del governo Mussolini del 25 Luglio 1943, la mancanza dell'oro da trasferire razziato dai Tedeschi a partire dal 22 settembre 1943 ed infine il bombardamento alleato dello stabilimento abruzzese dell'8 dicembre 1943.
Già prima del verificarsi di questi eventi però, esattamente nella primavera del 1943, visto l'andamento sfavorevole della guerra, si progettò di spostare i lingotti d'oro da via Nazionale verso un sito più sicuro nel Veneto o nell'Alto Adige ed il Poligrafico dello Stato approntò per l'occasione dei barili metallici indispensabili il trasporto del prezioso metallo, ma la caduta di Mussolini fece arenare il progetto.
Nell'agosto dello stesso anno, anche il governo Badoglio ipotizzò un trasferimento dell'oro al Nord che, tuttavia, non venne mai realizzato. In Italia, in seguito al crollo del fascismo erano affluite 10 nuove divisioni dalla Germania che, di fatto, controllavano il sistema di comunicazioni nell'Italia del Nord; inoltre il governo Badoglio, con la sua fuga a Brindisi, aveva consegnato Roma ai Tedeschi già dal 10 settembre, e con essa il controllo di tutta l'Italia Centro-settentrionale.
Verificandosi in questo modo la concreta possibilità di appropriarsi dell'oro della Bdl, venne ad innescarsi una sorta di competizione interna fra alcune amministrazioni del Terzo Reich per stabilire quale di queste dovesse gestire la vicenda dell'oro italiano.
Quattro furono i pretendenti che, senza esclusione di colpi, si contesero l'ambita preda, più un giocatore esterno che influì in modo determinante sull 'esito stesso della partita, parteggiando per uno dei contendenti e riservando per sé circa 7 tonnellate di oro fino, quello che poi verrà chiamato "Il tesoro di Ribbentrop".
I quattro contendenti erano: Herbert Kappler, Hermann Goering, Walter Funk e Rudolf Rahn, e fra loro, si scatenò una lotta neanche troppo sotterranea fatta di arguzie, di ipocrisie e di colpi bassi.
Ma chi erano i concorrenti che si disputavano la preziosa preda?
Herbert Kappler, esperto di criminologia e specializzato in controspionaggio, faceva parte delle Ss di Heinrich Himmel e, in rappresentanza di queste, il 20 settembre si presentò in Bdl per richiedere l'oro insieme al console Moellhausen. In seguito, come comandante della Gestapo di Roma, fu responsabile del massacro delle Fosse Ardeatine, dove vennero uccise 335 persone, di cui 78 di religione ebraica.
Hermann Goering, primo comandante in capo della Luftwaffe, l'aviazione da guerra tedesca, fu responsabile del Piano quadriennale per la rinascita economica e quindi coordinatore dello sfruttamento economico dei Paesi occupati (anche se più che di sfruttamento si trattò di un vero e proprio saccheggio, termine che sarebbe stato più appropriato, come lo stesso Goering ebbe modo di dichiarare).
AI processo di Norimberga venne condannato a morte tramite impiccagione insieme ad altri dieci gerarchi nazisti, ma come estremo sberleffo alla giuria e al mondo intero eluse la condanna suicidandosi con il cianuro il giorno prima dell'esecuzione. Walter Funk, ministro dell 'economia nazista e presidente della Deutsche Reichsbank, la Banca centrale tedesca, per l'acquisizione dell'oro italiano inviò in sua rappresentanza Maximilian Bernhuber, un dirigente militarizzato della Reichsbank che svolse un ruolo importante nella vicenda dell'oro. Al processo di Norimberga riconosciuto colpevole e condannato all'ergastolo. Rudolph Rahn, diplomatico di carriera, colto, intelligente e versatile, ambasciatore del Reich presso Mussolini, era intervenuto presso Hitler per ottenere il suo assenso alla fuga di Ciano, il genero di Mussolini, dalla prigione. Consapevole dalla concezione italiana della famiglia, era convinto che la sua esecuzione non avrebbe giovato all'immagine dell'alleato Mussolini.
Per la gestione delle riserve auree della Bdl, le ipotesi sul campo erano principalmente due: Goering voleva portare direttamente l'oro della Bdl in Germania, considerandolo come bottino di guerra, percorso questo difficilmente praticabile, specialmente in seguito alla costituzione della Repubblica sociale italiana (Rsi) annunciata il 23 settembre; mentre il diplomatico Rahn preferiva che i lingotti fossero trasferiti a Milano e consegnati direttamente a Mussolini, dato che, si disse, "dell'oro italiano deve disporre esclusivamente il Duce" il quale, come alleato dei Tedeschi, avrebbe potuto contribuire alla sforzo bellico comune tramite le riserve auree italiane; seguendo questa seconda via, l'oro rimasto nella competenza formale delle autorità italiane, pur essendo di fatto sotto controllo tedesco.
Alla fine il diplomatico Rahn riusci ad acquisire una certa supremazia rispetto alle altre amministrazioni tedesche operanti in Italia, sia per la vicenda dell 'oro sia per gli aspetti prettamente politici e militari riguardanti l'Italia Centro-settentrionale.
Dall'altra parte della barricata, a difendere le riserve auree italiane, c'erano solo impiegati e dirigenti della Bdl, i quali, trovandosi in condizioni disperate, fecero del tutto contrastare le malevoli intenzioni dei tedeschi, ed il primo fra questi fu senz'altro Vincenzo Azzolini.
Proveniente da una famiglia borghese napoletana, Azzolini era entrato al Ministero del tesoro nel 1905 tramite concorso nel ruolo di segretario amministrativo e, correndo tutte le tappe della scala gerarchica, 22 anni ne era diventato il direttore generale. Dopo un solo anno dalla nomina, passò nello stesso ruolo in Bdl.
In questo delicato incarico si fece apprezzare in modo particolare da Bonaldo Stringher, che poco prima di morire lo designò come suo successore alla carica di governatore, incarico che Azzolini ricopri dal 1931 al 1944.
Vincenzo Azzolini era un grande lavoratore, dalle vaste competenze dalle non comuni capacità, seppe districarsi e risolvere numerosi problemi e crisi del mondo bancario italiano,, inoltre a livello internazionale si distinse per abilità ed equilibrio. La sua sventura fu quella di trovarsi ad essere il governatore della Bdl nel periodo peggiore della dittatura fascista, cioè quello del disfacimento e della caduta. Mentre i Tedeschi si disputavano la gestione dell'oro italiano, i vertici della Bdl premonitori di quanto stava maturando, pensavano a come celare, agli occhi dei tedeschi, l'oro depositato nel caveau, la cosiddetta "sacrestia" della Bdl.
L'idea fu ispirata da Fabio Urbini, il cassiere centrale della Bdl, che ne fece partecipe Niccolò Introna, vicedirettore generale della Banca centrale italiana, il quale a sua volta la suggeri a Vincenzo Azzolini; il governatore, pur con qualche titubanza l'approvò. Il quantitativo celato ai Tedeschi sarebbe stato un po' meno della metà, circa 52 t di oro fino delle 119 realmente presenti.
Nella notte tra il 19 e il 20 settembre, dopo avervi trasferito l'oro da nascondere ai tedeschi, venne murata in fretta e furia la porta che ammetteva dalla sacristia all'intercapedine, un locale costruito per motivi di sicurezza ed adiacente ad ogni caveau della Bdl; si passò quindi alla asciugatura del muro, ancora fresco di calce, tramite ventilatori e lampade elettriche.
Dal punto di vista amministrativo e contabile, fu simulata una spedizione della stessa quantità di oro nascosto, retrodatata al 19 dicembre 1942, verso la filiale di Potenza prossima a ricadere sotto il controllo degli Alleati sbarcati in Sicilia il IO luglio 1943; il fine era quello di evitare, con questa mossa, la possibilità di controllo da parte dei Tedeschi circa il reale ammontare dell'oro.
La mattina del 20 settembre arrivò la richiesta ufficiale da parte dell'ambasciata tedesca tramite il commissario governativo alle finanze Ettore Cambi, Azzolini a questa richiesta obiettò che per prendere una decisione del genere doveva, a norma di statuto, consultare il direttorio.
Il direttorio, organo di vertice Bdl, era composto dal governatore, dal direttore generale e dal vicedirettore generale, ma nel caso specifico venne allargato al segretario generale Gaetano Giacomelli, al cassiere centrale Fabio Urbini e Rocco Quattrone.
Dal memoriale di Azzolini risulta che egli aveva appreso informalmente da Giovanni Acanfora, direttore generale della Bdl e anche ministro per gli scambi e valute nel governo Badoglio, che i Tedeschi essendosi impossessati dell'archivio dello Stato maggiore erano a conoscenza della reale quantità dell'oro immagazzinato.
Acanfora, durante il processo ad Azzolini smentì questo episodio, dichiarò di "non poter escludere di aver riferito ad Azzolini su tale particolare in un precedente incontro, raccogliendo una voce non certa nè controllata che correva in diversi ambienti".
Il direttorio approvò all 'unanimità la richiesta dei Tedeschi del trasferimento dell'oro verso Milano, e inoltre visto che i nazisti erano in grado di conoscere la vera consistenza delle riserve auree, diede parere favorevole per spostare di nuovo nella "sacrestia" l'oro celato nell’intercapedine.
Il trasferimento dello stock d'oro da Roma a Milano avvenne via treno in due carichi, il primo il 22 settembre per circa 25 t d'oro e il secondo il 28 settembre per circa 94 t di metallo prezioso.
Una volta trasferito, l'oro fu collocato nella filiale di Milano della Bdl e il direttore Francesco Sforza chiese ed ottenne che, in cambio della consegna di una delle tre chiavi necessarie per aprire la "sacrestia" , i Tedeschi sospemdessero la guardia armata del caveau.
In seguito Goering, che non aveva desistito dalla sua idea di appropriazione tout court dell'oro della Bdl, inviò un ordine di trasferimento dell'oro da Milano a Fortezza (Bolzano), una località nella valle dell'Isarco, in Alto Adige, compresa in una zona sottoposta al controllo tedesco.
Rahn dapprima si oppose al trasferimento, ma cedette perché il progetto di Goering era appoggiato da Ribbentrop ed in cambio ebbe la garanzia che avrebbe man-tenuto il pieno controllo sull'oro.
Maximilian Bernhuber, della Deutsche Reichsbank, comunicò ad Azzolini la decisione, con la quale Domenico Pellegrini Giampietro, ministro delle finanze della Rsi, sollecitava l'attuazione del trasferimento dell'oro a Fortezza ai vertici della Bdl. Che fosse un rappresentante della Deutsche Reichsbank a fare da tramite per la comunicazione fra il ministro e Azzolini la dice lunga circa i rapporti di forza esistenti in quel momento fra i ministri della Repubblica di Salò, i tedeschi ed i vertici della Bdl.
L'oro arrivò a Fortezza il 16 dicembre, scortato dalle Ss e accompagnato dai funzionari della Bdl, venne collocato in una caverna all'interno della zona militare, e l'ingresso della caverna murato, in seguito venne approntata una porta corazzata al posto del muro.
L'oro quindi era ancora di proprietà della Bdl, ma in un forte militare tedesco che rientrava sotto la giurisdizione dell 'Alpenvorland, il protettorato tedesco che comprendeva le province di Trento, Bolzano e Belluno, divenute dopo I '8 settembre a tutti gli effetti parte integrante del Reich, e del cui governo venne incaricato il Gauleiter (governatore regionale) Franz Hofer.
Nel gennaio del 1944 Goering tornò di nuovo alla carica, chiedendo di spostare in Germania l'equivalente in oro di almeno 50 milioni di marchi. Anche questa volta la sua richiesta fu caldeggiata da Ribbentrop e, dopo una serie di trattative tra i Tedeschi ed i rappresentanti del governo della Rsi, il 5 febbraio si giunse al cosiddetto Accordo di Fasano, una località sul lago di Garda sede dell 'ambasciata tedesca, secondo il quale l'Italia avrebbe contribuito alle spese di guerra tramite l'oro della Bdl. Dal punto di vista formale e giuridico l'accordo si configurava come una libera cessione da parte della Rsi, in cambio di un servizio di difesa del territorio italiano dal comune nemico. Il 29 febbraio, tramite ferrovia, avvenne il primo invio di oro da Fortezza a Berlino, presso la Deutsche Reichsbank, per circa 50 t di fino pari ad un ammontare di 141 milioni di marchi-oro. Anche per la seconda trance della spedizione dell'oro in Germania, Berhuber consegnò ad Azzolini una lettera nella quale il Ministro Pellegrini Giampietro dava l'assenso all'operazione.
Nel frattempo, nel dicembre 1943 1'amministrazione della Bdl in conformità alle direttive governative ed al pari degli altri organi statali e dei principali enti pubblici, venne trasferita al nord.
Azzolini riusci a trasferire a Moltrasio, sul lago di Como, 105 dipendenti su 1.200, limitando cosi al massimo il disagio di quanti lavoravano in Bdl, ed egli stesso, dopo alcuni mesi di andirivieni, venuto in missione a Roma vi si trattenne aspettando la liberazione della capitale da parte degli Alleati.
Il ministro dovette quindi nominare un commissario straordinario nella persona di Giovanni Orgera, ma anche questi non esegui immediatamente l'ordine per la seconda spedizione dell'oro in Germania, e scrisse una lettera al ministro per evidenziare i rischi che avrebbe comportato per il Paese, la completa consegna dell'oro che residuava a Fortezza.
Il ministero confermò il suo ordine, ma Orgera riuscì a temporeggiare fino al mese di ottobre 1944 riducendo la quantità da consegnare a 21 t d'oro, pari a circa 60 milioni di marchi-oro. Le riserve auree trasferite a Berlino dopo la seconda trance assommavano quindi a 50 t +21 t = 71 t circa.
Durante il 1944 gli uomini della Bdl, nonostante lo squilibrio dei rapporti di forza con i Tedeschi, fecero di tutto per mantenere fede al prestito contratto con la Svizzera e, dopo una lunga trattativa, ottennero il consenso tedesco all'operazione. Quindi, il 20 aprile 1944 fu trasferito da Fortezza alla Svizzera l'oro relativo alle partite della Banca nazionale svizzera (Bns) e della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri), per un totale di circa 23 tonnellate di oro fino.
Azzolini anche in questo episodio ebbe un ruolo importante che evidenzia quanto egli avesse a cuore la credibilità internazionale dell'Italia e della Banca centrale italiana, infatti Bruno Kininger delegato commerciale in Svizzera della Rsi e quindi testimone diretto della vicenda scrisse in merito: "Utile, valido e prezioso è stato allora il quotidiano intervento del governatore Azzolini".
Il governatore oltre ad azioni dirette, quando non poteva apertamente agli ordini del governo, aveva attuato una strategia di resistenza flessibile, dilazionando, procrastinando e facendo finta di non capire, ogni richiesta di spostamento dell'oro della Bdl difendendo quindi con ogni mezzo le riserve auree italiane. Un'opera meritoria che è stata spesso sottovalutata rispetto ai clamori destati delle amare vicende processuali che lo videro coinvolto, e che andrebbe finalmente riconosciuta ai fini di un giudizio sereno e complessivo circa il suo operato.
Azzolini tornando alla fine di aprile a Roma, quanto aveva fatto per l'Italia, non si sarebbe certamente aspettato quanto lo stava attendendo. Dopo una veemente campagna di stampa contro di lui, venne interrogato dalla polizia militare britannica, destituito dalla carica di governatore della Bdl e messo agli arresti domiciliari, mentre alla gestione ordinaria della Bdl restò Niccolò Introna, che il 29 luglio venne nominato commissario straordinario della Bdl.
In seguito al decreto legge emanato dal governo Bonomi per la repressione dei delitti commessi durante il fascismo, il 1 agosto Azzolini venne arrestato "per avere posteriormente all'8 settembre 1943, in Roma, collaborato con il tedesco invasore, facendo al medesimo consegna della riserva aurea della Banca d'Italia".
Il processo si svolse in ottobre ed Azzolini venne condannato dalla Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo, a 30 anni di reclusione più il risarcimento dei danni. La sentenza era il frutto naturale del clima infuocato di quei giorni e l'ex governatore divenne, di fatto, il capo espiatorio per ogni nefandezza perpetrata dai nazisti in terra italiana.
Venne quindi imprigionato fino al settembre 1946, quando la Corte di appello di Roma dichiarò estinto per amnistia il delitto a lui imputato dall'Alta corte. Infine, nel 1948, in un clima più disteso ed equilibrato la Corte di cassazione annullò la sentenza dell 'Alta corte con la motivazione che "il fatto non costituisce reato".
Ma dove era andato a finire l'oro italiano dopo il trasferimento a Berlino? Le principali fonti per appurare le vicende dell 'oro in Germania sono rappresentate da due memoriali, quello di Paolo Carlo Della Torre, responsabile dell'agenzia della Bdl creata a Fortezza, e quello di un cittadino austriaco di nome Herbert Herzog.
La cosa interessante è che le due fonti, del tutto indipendenti l'una dall'altra, non si contraddicono mai, avvalorando reciprocamente la loro attendibilità.
Herzog era un personaggio molto particolare: nato a Vienna nel 1922 ed internato a Buchenwald in quanto "sangue misto di primo grado", in seguito era riuscito a procurarsi dei documenti di particolare importanza riguardanti la partita d'oro italiano trasferito in Austria dopo essere transitato in Germania.
Nel 1950 propose alla legazione italiana di Berna tale documentazione, allo scopo di favorire, dietro compenso, il recupero dell'oro sottratto. II Ministero degli esteri informò di questa opportunità la Bdl che, aver invitato Herzog a Roma valutarne l'attendibilità, firmò una lettera-contratto con il cittadino austriaco, che prevedeva che qualora i documenti in suo avessero permesso effettivamente all'Italia di rientrare in dell'oro, egli avrebbe ricevuto un compenso pari al 10% del valore recuperato.
Nel 1951 Herzog consegnò alla Banca d'Italia la relazione sulla sorte che aveva avuto una parte dell'oro arrivato in Germania da Fortezza.
Sulla scorta di questa relazione la Bdl preparò un dossier con il quale intraprese il recupero integrale di questa partita d'oro che però non ebbe esito positivo. Per un accordo fra le tre nazioni componenti la Commissione (Inghilterra, Francia e Stati Uniti), tale partita d'oro venne in un primo tempo considerata come una anticipazione della quota spettante all'Austria nella redistribuzione dell'oro nazista, ma grazie alle rivelazioni di Herzog, l'oro venne immesso nel Gold Pot.
Alla fine l'Italia recuperò solamente 0,58 t del cosiddetto "Tesoro di Salisburgo" e Herzog, come da accordi, ricevette l'equivalente in dollari del 10% dell'oro recuperato solamente nel 1958.
Nel 1957 Herzog inviò un secondo memoriale alla Bdl che riguardava l'intera vicenda dell'oro trafugato, non solo sulla partita ritrovata in Austria, corredato dalle copie di numerosi documenti prevalentemente provenienti dalla Reichsbank, e nel quale il cittadino austriaco prefigurava la possibilità di una restituzione integrale dell'oro di provenienza italiana ritrovato in una miniera di potassio in Turingia.
Dopo aver ricevuto parere sfavorevole da parte del Ministero degli esteri, circa lereali possibilità di un recupero integrale, la Bdl respinse la seconda proposta di collaborazione di Herzog.
Ma come era avvenuto il trasferimento dell'oro da Fortezza in Germania?
Le 50 tonnellate d'oro partite da Fortezza il 29 febbraio per il primo invio a Berlino arrivarono a destinazione dopo un avventuroso viaggio durato 3 giorni. Una parte di questo oro, pari a circa 8 t di fino, fu portata direttamente al Ministero degli esteri tedesco, mentre le rimanenti 42 tonnellate insieme alle 21 tonnellate del secondo invio del 21 ottobre, furono incamerate dalla Deutsche Reichsbank.
L'oro italiano, per circa 62 t detenuto dalla Banca centrale tedesca, era l'equivalente dei due invii da Fortezza verso Berlino: 71 t dedotti del prelievo fatto dal Ministero degli esteri tedesco di circa 8 t, meno la partita Ince (Istituto nazionale per i cambi con l'estero) di circa 2 t che la Reichsbank considerava come un credito in oro concesso a suo tempo) allo stesso istituto e come tale lo aveva incamerato, più circa 1 t di oro incassato in seguito ad una verifica della Banca centrale tedesca dell 'oro dirottato al Ministero degli esteri; mentre il fondo per l'Ambasciata italiana a Berlino di circa 1 t previsto nell'Accordo di Fasano non ebbe mai applicazione pratica.
Nel febbraio del 1945, vista l'evoluzione della situazione militare, i tedeschi decisero di trasferire tutto l'oro custodito nei caveau della Reichsbank, in una località più sicura, una miniera di potassio in Iocalità Merkers-Rohn in Turingia.
Gli Alleati, occupata la zona meno di un mese dopo, fecero saltare la porta blindata della galleria della miniera di potassio, trovando oro per circa 213 t che venne consegnato alla Commissione tripartita per restituirlo ai paesi depredati dai Tedeschi. II "tesoro di Ribbentrop", circa 8 t, ovvero una parte dell'oro italiano da Fortezza in Germania e deviato direttamente al Ministero degli esteri tedesco, venne diviso in tre parti, la prima di circa 2 t fu sotterrata in tre casse nei pressi della città di Plun e alla fine riconsegnata agli Alleati, la seconda parte di circa 5 t, nota come "Tesoro di Salisburgo", fu trasportata in Austria presso il castello di Fuschl vicino a Salisburgo e di lì, per motivi di sicurezza, sotterrata nella cantina abbandonata dell'agricoltore Alois Zeller sita nel Salzkammergut, mentre circa 1 t d'oro, come già ricordato, venne incamerata dalla Reichsbank a seguito di una verifica.
L'oro rimasto a Fortezza, un totale di circa 25 t di fino, fu completamente recuperato dagli Alleati nel maggio del 1945 e restituito alla Bdl per la sua conservazione, senza cedergliene la titolarità, infatti le chiavi del caveau erano custodite dal comando anglo-americano.
Finita la guerra iniziò una lunga e laboriosa trafila per il recupero dell 'oro trafugato da parte del governo italiano e della Bdl presso la Commissione tripartita.
La commissione del Dipartimento di Stato americano era quella di unire l'oro recuperato a quello che le nazioni neutrali, che avevano avuto transazioni in oro con la Germania avrebbero potuto mettere a disposizione, e dividerlo fra le nazioni alleate in proporzione alle perdite dichiarate. L'idea era quella di costituire un unico Gold Pot per poi effettuare una distribuzione dell'oro in forma proporzionale alle varie rivendicazioni dei Paesi depredati.
Questo, anche se non era espressamente dichiarato, di fatto escludeva l'Italia dal recupero del maltolto, non avendo il nostro paese lo status di "alleato".
La Russia, durante la Conferenza di Potsdam, aveva rinunciato ad ogni pretesa sull 'oro recuperato dagli Alleati in cambio di importanti concessioni territoriali, la Francia si dichiarò in accordo con l'impostazione del Dipartimento di Stato americano, mentre la Gran Bretagna propendeva inizialmente per una restituzione ai legittimi proprietari dell'oro, con una supplementare restituzione pro rata per il quantitativo non assegnato.
Vista la difficoltà di accertare con certezza la provenienza delle diverse partite d'oro e l'insufficienza dell'oro recuperato per soddisfare integralmente le richieste dei Paesi che avevano subito le indebite appropriazioni, si raggiunse un accordo tra gli alleati che rifletteva la posizione americana.
L'Italia, pur non essendo stata invitata alla successiva Conferenza per le riparazioni di Parigi del 1945, ottenne insieme all'Austria una discreta apertura nel documento finale della Conferenza stessa, rispetto alla possibilità di recupero dell'oro, "in the above mentioned distribution shall be reserved, and the equivalent of the total shares Which country would receive, if they were eventually admitted to partecipate, [...] as may be decided by the Allied Governments concerned", ossia "nella summenzionata distribuzione sarà tenuta sospesa e l'equivalente delle quote [di oro], che quei Paesi potrebbero ricevere, se questi fossero eventualmente ammessi a partecipare cosi come sarà deciso dai governi alleati interessati".
II 27 settembre del 1946 venne formalmente istituita la Commissione tripartita, composta da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti con sede a Bruxelles, la distribuzione dell'oro monetario.
Compito della Commissione, chiamata Pool dell'oro, era quello di ricevere ed esaminare le richieste di risarcimento dalle nazioni depredate, e averle giudicate ammissibili, stabilire la quota d'oro per ogni Stato richiedente.
L'oro a disposizione del PooI era composto, quindi, sia da quello ritrovato in Germania, sia da quello dei depositi dei Paesi neutrali che durante il corso della guerra avevano intrattenuto con la Germania nazista transazioni in oro.
La Svizzera, primo paese per le transazioni effettuate fra tutti i paesi neutrali, dopo un anno di trattative si accordò per versare nelle casse del Pool 52 t di oro fino, contro le circa 257 t valutate, come ammontare delle transazioni effettuate, dagli esperti Alleati.
A questo conferimento seguirono quelli di Svezia, Spagna e Portogallo un ammontare complessivo di 10 t d'oro.
L'Italia puntò sia alla restituzione integrale delle 71 t trafugate e spedite a Berlino, sia sul più realistico ingresso nella ripartizione del Pool dell'oro, questa avvalorata dalla avvenuta cobelligeranza con gli Alleati iniziata il 13 Ottobre 1943, costata molto sia in termini di vite umane che di risorse finanziarie.
Dopo la firma del Trattato di pace, avvenuta il 10 febbraio 1947, i tre Stati componenti la Commissione firmarono un accordo nel quale oltre a concordare l'invio del questionario al nostro Paese, riconoscevano la titolarità italiana delle 25 t di oro ritrovate a Fortezza, peraltro già depositate nei caveau della Bdl.
Arrivò quindi il questionario che ammetteva implicitamente l' Italia alla restituzione dell'oro trafugato; si trattava di un documento complesso composto da una parte generale, nella quale fra le altre cose si definiva esattamente l'oro monetario, cioè quello ammesso alla rivendica, e di una serie di allegati da compilare per una precisa e dettagliata descrizione dell'oro sottratto e di tutta la documentazione attestante la proprietà dello stesso.
Il 16 dicembre venne formalizzato l'ingresso dell'Italia nel Pool dell'oro, tramite la firma di un protocollo di ammissione che prevedeva oltre all'acceso alla restituzione pro quota dell'oro sottratto, il completo soddisfacimento delle pretese italiane verso la Germania e, dulcis in fundo, l'impegno a stralciare dalla quota assegnata, una quantità di oro pari ai reclami pendenti nei suoi confronti da Francia e Jugoslavia.
L'ammissione e il riconoscimento del reclamo erano un primo passo che avrebbe portato al rimborso vero e proprio composto da due fasi: l'assegnazione teorica con l'accantonamento dei quantitativi di oro assegnato e la restituzione effettiva che prevedeva il trasferimento materiale dell'oro nel paese assegnatario e la conseguente iscrizione a riserva.
L'ammontare dell'oro distribuito in totale dal Pool fu di circa 337 tonnellate. A causa delle successive acquisizioni da parte del Pool, le assegnazioni per l'Italia furono più di una, per un totale di circa 47 t d'oro delle circa 71 t rivendicate, quindi circa il 66% dell'oro sottratto.
Dalla quota assegnata andavano detratti, naturalmente, i quantitativi in favore della Francia (circa 14 t) e della Jugoslavia (circa 8 t), indebitamente detenute dall'Italia in quanto incamerate come bottino di guerra.
Dalla prima assegnazione del Pool dell'oro all'Italia, avvenuta nel 1947, all'ultima assegnazione, del 1998, è passato oltre mezzo secolo e il tempo con il quale si ottiene giustizia (parziale o totale) influisce inevitabilmente sulla qualità della giustizia stessa.
La riserva aurea della Bdl, al 31 dicembre ammonta a circa 2.452 t di oro, una massa di molto superiore alle 119 t di oro trafugate dai Tedeschi nel 1943; del resto, oltre alle differenze del valore dell'oro accumulato ed a tutti i parametri di riferimento che sono cambiati in 62 anni, bisogna considerare che la riserva aurea del tempo era ai minimi storici, avendo subito numerosi salassi dovuti alla difesa del cambio, protezione questa abbandonata in seguito alla svalutazione della lira del 1936.
Siamo giunti quindi al termine della complessa e coinvolgente vicenda dell'oro della Banca d'Italia, una sorta di caccia al tesoro drammaticamente viva e reale, dove erano in gioco sentimenti, valori, affetti e non da ultimo anche la vita stessa dei partecipanti.
Una storia giocata in prima persona dai cosiddetti "colletti bianchi", attaccati alla famiglia e all'ufficio, gente misurata e poco appariscente ma che, quando la situazione si fa drammatica e i grandi condottieri si defilano per il rovesciamento della sorte, senza titubanze e forti di una interiore consapevolezza, assumono su di sé le responsabilità e le decisioni che il momento storico richiede.
Conclusioni
Sperando che questo articolo dedicato a scoprire le vicende storiche dell'oro della Banca d'Italia sia stato di vostro interesse, restiamo in attesa delle vostre opinioni.
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